Demetrio, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Portico della reggia, corrispondente alle sponde del mare, con barca e marinari pronti per la partenza d’Alceste.
 
 OLINTO e poi ALCESTE e FENICIO
 
 OLINTO
 Sarò pure una volta
1245senza rival. Da questo lido alfine
 vedrò Alceste partir. La sua tardanza
 però mi fa temer. Si fosse mai
 pentita Cleonice! Ah non vorrei...
 Ma no; di sua dimora
1250cagion gli estremi uffici
 forse saran degl'importuni amici.
 ALCESTE
 Signor, procuri indarno (A Fenicio nell’uscire)
 di trattenermi ancor.
 OLINTO
                                         Son pronti, Alceste,
 i nocchieri e la nave; amico è il vento,
1255placido è il mar.
 FENICIO
                                 Taci, (Ad Olinto) importuno. Almeno
 differisci per poco (Ad Alceste)
 la tua partenza. Io non lo chiedo invano.
 Resta. Del mio consiglio
 non avrai da pentirti. Infino ad ora
1260sai pur che amico e genitor ti fui.
 OLINTO
 (Mancava il padre a trattener costui).
 ALCESTE
 Ah! Della mia sovrana al tuo consiglio
 il comando s'oppone.
 OLINTO
 Alceste, a quel ch'io sento, ha gran ragione.
 FENICIO
1265E puoi lasciarmi? E vuoi partir? Né pensi
 come resta Fenicio? Io ti sperai
 più grato a tanto amor.
 ALCESTE
                                             Deh caro padre,
 che tal posso chiamarti
 mercé la tua pietà, non dirmi ingrato,
1270che mi trafiggi il cor. Lo veggio anch'io
 che attender non dovevi
 questi del tuo sudor frutti infelici.
 Anch'io sperai, crescendo
 su l'orme tue per il sentier d'onore,
1275chiamarti un dì sul ciglio
 lagrime di piacer, non di dolore.
 Ma chi può delle stelle
 contrastare al voler? Soffri ch'io parta.
 Forse così partendo
1280meno ingrato sarò; forse talvolta
 comunica sventure
 la compagnia degl'infelici. Almeno,
 giacché in odio son io tanto agli dei,
 prendano i giorni miei
1285solamente a turbar. Vengano meco
 l'ire della fortuna
 e a' danni tuoi non ne rimanga alcuna.
 FENICIO
 Figlio, non dir così. Tu non conosci
 il prezzo di tua vita; e questa mia,
1290se a te non giova, è un peso
 inutile per me.
 ALCESTE
                               Signor, tu piangi?
 Ah! Non merita Alceste
 una lagrima tua. Questo dolore
 prolungarti non deggio. Addio; restate. (In atto di partire)
 OLINTO
1295(Lode agli dei).
 ALCESTE
                               Vi raccomando, amici,
 l'afflitta mia regina. Avrà bisogno
 della vostra pietà nel caso amaro.
 Chi sa quanto le costa
 la sua virtù! Fra quante smanie avvolto
1300è il suo povero cor! Trovarsi sola,
 disperar di vedermi, aver presenti
 le memorie, il costume, i luoghi... Oh dio!
 Consolatela, amici. Amici, addio. (Nel partire s’incontra in Cleonice)
 
 SCENA II
 
 CLEONICE e detti
 
 CLEONICE
 Fermati, Alceste.
 ALCESTE
                                  Oh stelle!
 OLINTO
                                                      (Un altro inciampo
1305ecco alla sua partenza).
 ALCESTE
                                             A che ritorni,
 regina, a rinnovar la nostra pena?
 CLEONICE
 Fenicio, Olinto, in libertà lasciate
 me con Alceste.
 OLINTO
                               Il mio dover saria
 coll'amico restar.
 CLEONICE
                                  Tornar potrai
1310per l'ultimo congedo.
 OLINTO
 Tornerò. (Ma ch'ei parta io non lo credo). (Parte)
 FENICIO
 Giungi a tempo, o regina. A caso il cielo
 forse non prolungò la sua dimora;
 di renderlo felice hai tempo ancora.
 
1315   Pensa che sei crudele
 se del tuo ben ti privi;
 pensa che in lui tu vivi,
 pensa ch'ei vive in te.
 
    Rammenta il dolce affetto
1320che ti rendea contenta
 ed il candor rammenta
 della sua bella fé. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CLEONICE ed ALCESTE
 
 CLEONICE
 Alceste, assai diverso
 è 'l meditar dall'eseguir le imprese.
1325Finché mi sei presente,
 facile credo il riportar vittoria
 e parmi che l'amor ceda alla gloria.
 Ma quando poi mi trovo
 priva di te, s'indebolisce il core
1330e la mia gloria, oh dio! cede all'amore.
 ALCESTE
 Che vuoi dirmi perciò?
 CLEONICE
                                             Che non poss'io
 viver senza di te. Se Alceste e il regno
 non vuol ch'io goda uniti
 il rigor delle stelle a me funeste,
1335si lasci il regno e non si perda Alceste.
 ALCESTE
 Come!
 CLEONICE
                Su queste arene
 rimaner non conviene. Aure più liete
 a respirare altrove
 teco verrò.
 ALCESTE
                       Meco verrai! Ma dove?
1340Cara, se avessi anch'io,
 sudor degli avi miei, sudditi e trono,
 sarei, più che non sono,
 facile a compiacere il tuo disegno;
 ma i sudditi ed il regno,
1345che in retaggio mi diè sorte tiranna,
 son pochi armenti ed una vil capanna.
 CLEONICE
 Nel tuo povero albergo
 quella pace godrò che in regio tetto
 lunge da te questo mio cor non gode.
1350Là non avrò custode
 che vegliando assicuri i miei riposi;
 ma i sospetti gelosi
 alle placide notti
 non verranno a recar sonni interrotti.
1355Non fumeran le mense
 di rari cibi in lucid'oro accolti;
 ma i frutti, ai rami tolti
 di propria man, non porteranno, aspersi
 d'incognito veleno,
1360sconosciuta la morte in questo seno.
 Andrò dal monte al prato
 ma con Alceste a lato;
 scorrerò le foreste
 ma sarà meco Alceste. E sempre il sole,
1365quando tramonta e l'Occidente adorna,
 con te mi lascerà;
 con te mi troverà, quando ritorna.
 ALCESTE
 Cleonice adorata, in queste ancora
 felicità sognate,
1370amabili deliri
 d'alma gentil che nell'amore eccede,
 oh come chiaro il tuo bel cor si vede!
 Ma son vane lusinghe
 d'un acceso desio...
 CLEONICE
                                      Lusinghe vane!
1375Di ricusare un regno
 capace non mi credi?
 ALCESTE
                                          E tu capace
 mi credi di soffrirlo? Ah! Bisognava
 celar, bella regina,
 meglio la tua virtude e meno amante
1380farmi della tua gloria. Io fra le selve
 la tua sorte avvilir? L'anime grandi
 non son prodotte a rimaner sepolte
 in languido riposo. Ed io sarei
 all'Asia debitor di quella pace
1385che fra tante vicende
 dalla tua man, dalla tua mente attende.
 Deh, non perdiamo il frutto
 delle lagrime nostre
 e del nostro dolor. Tu fosti, o cara,
1390quella che m'insegnasti
 ad amarti così. Gloria sì bella
 merita questa pena. Ai dì futuri
 l'istoria passerà de' nostri amori
 ma congiunta con quella
1395della nostra virtude. E se non lice
 a noi vivere uniti
 felicemente infino all'ore estreme,
 vivranno almeno i nostri nomi insieme.
 CLEONICE
 Deh, perché qui raccolta
1400tutta l'Asia non è? Che l'Asia tutta
 di quell'amor, che in Cleonice accusa,
 nel tuo parlar ritroveria la scusa.
 Io vacillai; ma tu mi rendi, o caro,
 la mia virtude; e nella tua favella
1405quell'istessa virtù mi par più bella.
 Parti; ma prima ammira
 gli effetti in me di tua fortezza. Alceste,
 vedrai come io t'imito;
 seguimi nella reggia. Il nuovo sposo
1410da me saprai. Dell'imeneo reale
 ti voglio spettator.
 ALCESTE
                                    Troppa costanza
 brami da me.
 CLEONICE
                            Ci sosterremo insieme,
 emulandoci a gara.
 ALCESTE
                                      Oh dio! Non sai
 il barbaro martir d'un vero amante
1415che di quel ben, che a lui sperar non lice,
 invidia in altri il possessor felice.
 CLEONICE
 
    Io so qual pena sia
 quella d'un cor geloso;
 ma penso al tuo riposo,
1420fidati pur di me.
 
    Allor che t'abbandono,
 conoscerai chi sono;
 e l'esserti infedele
 prova sarà di fé. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ALCESTE e poi OLINTO
 
 ALCESTE
1425Di Cleonice i detti
 mi confondon la mente. Ella desia
 ch'io la rimiri in braccio ad altro sposo
 e poi dice che pensa al mio riposo.
 Questo è un voler ch'io mora
1430pria di partir. Ma s'ubbidisca. Io sono
 per lei pronto a soffrire ogni cordoglio
 e il suo comando esaminar non voglio.
 OLINTO
 Sei pur solo una volta. Or non avrai
 chi differisca il tuo partir. Permetti
1435che in pegno d'amistà l'ultimo amplesso
 ti porga Olinto.
 ALCESTE
                               Un generoso eccesso
 del tuo bel cor la mia partenza onora;
 ma la partenza mia non è per ora.
 OLINTO
 Come! Per qual ragione?
 ALCESTE
1440La regina l'impone.
 OLINTO
                                       Ogni momento
 vai cangiando desio.
 ALCESTE
 Il comando cangiò, mi cangio anch'io.
 OLINTO
 Ma che vuol Cleonice? È suo pensiero
 forse eleggerti re?
 ALCESTE
                                    Tanto non spero.
 OLINTO
1445Dunque ti vuol presente
 al novello imeneo. Barbaro cenno
 che non devi eseguir.
 ALCESTE
                                          T'inganni. Io voglio
 tutto soffrir. Sarà, qualunque sia,
 bella, se vien da lei, la sorte mia.
 
1450   Quel labbro adorato
 mi è grato, m'accende,
 se vita mi rende,
 se morte mi dà.
 
    Non ama da vero
1455quell'alma che ingrata
 non serve all'impero
 d'amata beltà. (Parte)
 
 SCENA V
 
 OLINTO
 
 OLINTO
 Io lo previdi. Una virtù fallace
 per sopire i tumulti
1460simulò Cleonice. Ella pretende
 col caro Alceste assicurarsi il trono.
 Poco temuto io sono,
 che 'l duro fren della paterna cura
 questi audaci assicura. Ah se una volta
1465scuoto il giogo servil, cangiar d'aspetto
 vedrò l'altrui fortuna
 e far saprò mille vendette in una.
 
    Più non sembra ardito e fiero
 quel leon che prigioniero
1470a soffrir la sua catena
 lungamente s'avvezzò.
 
    Ma se un giorno i lacci spezza,
 si ricorda la fierezza
 ed al primo suo ruggito
1475vede il volto impallidito
 di colui che l'insultò. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Appartamenti terreni di Fenicio dentro la reggia.
 
 FENICIO, poi MITRANE
 
 FENICIO
 In più dubbioso stato
 mai non mi vidi. Alle mie stanze impone
 Cleonice ch'io torni; e vuol che attenda
1480qui l'onor de' suoi cenni. Impaziente
 le richiedo d'Alceste e mi risponde
 che finor non partì. Qual è l'arcano
 che fuor del suo costume
 la regina mi tace? Ah ch'io pavento
1485che sian le cure mie disperse al vento.
 MITRANE
 Consolati, o signor. Vicine al porto
 son le cretensi squadre. Io rimirai
 dall'alto della reggia
 che sotto a mille prore il mar biancheggia.
 FENICIO
1490Amico, ecco il soccorso
 sospirato da noi. Possiamo alfine
 far palese alla Siria
 il vero successor. Ritrova Alceste;
 guidalo a me. De' tuoi fedeli aduna
1495quella parte che puoi. Mitrane amato,
 chiedo l'ultime prove
 della tua fedeltà.
 MITRANE
                                 Volo a momenti
 quanto imponesti ad eseguir. (In atto di partire)
 FENICIO
                                                         Ma senti;
 cauto t'adopra e cela
1500per qual ragion le numerose squadre...
 
 SCENA VII
 
 OLINTO e detti
 
 OLINTO
 Di gran novella, o padre,
 apportator son io.
 FENICIO
                                   Che rechi?
 OLINTO
                                                         Ha scelto
 Cleonice lo sposo.
 FENICIO
                                   È forse Alceste?
 OLINTO
 Ei lo sperò ma invano.
 FENICIO
1505Che colpo è questo inaspettato e strano!
 
 SCENA VIII
 
 ALCESTE con due comparse, che portano manto e corona, e detti
 
 ALCESTE
 Permetti che al tuo piede... (Inginocchiandosi)
 FENICIO
                                                     Alceste, oh dei!
 Che fai? Che chiedi?
 ALCESTE
                                         Il nostro re tu sei.
 FENICIO
 Come! Sorgi.
 ALCESTE
                           Signor, per me t'invia
 queste reali insegne
1510la saggia Cleonice. Ella t'attende
 di quelle adorno a celebrar nel tempio
 teco il regio imeneo. Sdegnar non puoi
 del fortunato avviso
 Alceste apportator. So ch'egualmente
1515cari a Fenicio sono
 il messaggier, la donatrice e il dono.
 FENICIO
 Né pensò la regina
 quanto ineguale a lei
 sia Fenicio d'età?
 ALCESTE
                                   Pensò che in altri
1520più senno e maggior fede
 ritrovar non potea. Con questa scelta
 la magnanima donna
 mille cose compì. Premia il tuo merto;
 fa mentire i maligni;
1525provvede al regno; il van desio delude
 di tanti ambiziosi...
 MITRANE
                                       E calma in parte
 le gelose tempeste
 nel dubbio cor dell'affannato Alceste.
 FENICIO
 Ecco l'unico evento a cui quest'alma
1530preparata non era.
 OLINTO
                                     Ognun sospira
 di vedere il suo re. Consola, o padre,
 gli amici impazienti,
 il popolo fedel, Seleucia tutta
 che freme di piacer.
 FENICIO
                                        Precedi, Olinto,
1535al tempio i passi miei. Di' che fra poco
 vedranno il re. Meco Mitrane e Alceste
 rimangano un momento.
 OLINTO
 (Purché Alceste non goda, io son contento). (Parte)
 FENICIO
 Numi del ciel, pietosi numi, io tanto
1540non bramavo da voi. Cure felici!
 Fortunato sudor! Finisco, Alceste,
 d'esserti padre. In queste braccia accolto
 più col nome di figlio
 esser non puoi. Son queste
1545l'ultime tenerezze. (L’abbraccia)
 ALCESTE
                                      E per qual fallo
 io tanto ben perdei?
 FENICIO
 Son tuo vassallo ed il mio re tu sei. (S’inginocchia)
 ALCESTE
 Sorgi, che dici?
 MITRANE
                               Oh generoso!
 FENICIO
                                                          Alfine
 riconosci te stesso. In te respira
1550di Demetrio la prole. Il vero erede
 vive in te della Siria. A questo giorno
 felice io ti serbai. Se a me non credi,
 credi a te stesso, all'indole reale,
 al magnanimo cor, credi alla cura
1555ch'ebbi degli anni tuoi, credi al rifiuto
 d'un'offerta corona e credi a queste,
 che m'inondan le gote,
 lagrime di piacer.
 ALCESTE
                                    Ma fino ad ora,
 signor, perché celarmi
1560la sorte mia?
 FENICIO
                           Tutto saprai. Concedi
 che un momento io respiri. Oppresso il core
 dal contento impensato
 niega alla vita il ministero usato.
 
    Giusti dei, da voi non chiede
1565altro premio il zelo mio;
 coronata ho la mia fede,
 non mi resta che morir.
 
    Fato reo, felice sorte
 non pavento e non desio;
1570e l'aspetto della morte
 non può farmi impallidir. (Parte seguito da quelli che portano le insegne reali)
 
 SCENA IX
 
 ALCESTE e MITRANE
 
 ALCESTE
 Sogno? Son desto?
 MITRANE
                                     Il primo segno anch'io
 di suddito fedel... (In atto d’inginocchiarsi)
 ALCESTE
                                    Mitrane amato,
 non parlarmi per ora.
1575Lasciami in libertà. Dubito ancora.
 MITRANE
 
    Più liete immagini
 nell'alma aduna;
 già la Fortuna
 ti porge il crine;
1580è tempo alfine
 di respirar.
 
    Avvezzo a vivere
 senza conforto,
 ancor nel porto
1585paventi il mar. (Parte)
 
 SCENA X
 
 ALCESTE e poi BARSENE
 
 ALCESTE
 Io Demetrio! Io l'erede
 del trono di Seleucia, e tanto ignoto
 a me stesso finor! Quante sembianze
 io vo cangiando! In questo giorno solo
1590di mia sorte dubbioso
 son monarca e pastore, esule e sposo.
 Chi t'assicura, Alceste,
 che la Fortuna stolta
 non ti faccia pastore un'altra volta?
 BARSENE
1595Fenicio è dunque il re?
 ALCESTE
                                             Lo scelse al trono
 l'illustre Cleonice.
 BARSENE
                                    Io ti compiango
 nelle perdite tue. Ma non potendo
 la regina ottener, più non dispero
 che tu volga a Barsene il tuo pensiero.
 ALCESTE
1600A Barsene?
 BARSENE
                        Io nascosi
 rispettosa finor l'affetto mio.
 Un trono, una regina eran rivali
 troppo grandi per me. Ma veggo alfine
 già sposa Cleonice,
1605Fenicio re, le tue speranze estinte,
 onde a spiegar ch'io t'amo altri momenti
 più opportuni di questi
 sceglier non posso.
 ALCESTE
                                     Oh quanto mal scegliesti!
 
    Se tutti i miei pensieri,
1610se mi vedessi il core,
 forse così d'amore
 non parleresti a me.
 
    Non ti sdegnar se poco
 il tuo pregar mi move,
1615ch'io sto con l'alma altrove
 nel ragionar con te. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 BARSENE
 
 BARSENE
 Era meglio tacer. Speravo almeno
 che, parlando una volta,
 avrebbe la mia fiamma Alceste accolta.
1620Questa picciola speme
 or del tutto è delusa;
 sa la mia fiamma Alceste e la ricusa.
 
    Semplicetta tortorella,
 che non vede il suo periglio,
1625per fuggir da crudo artiglio
 vola in grembo al cacciator.
 
    Voglio anch'io fuggir la pena
 d'un amor finor taciuto
 e m'espongo d'un rifiuto
1630all'oltraggio ed al rossor. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Gran tempio dedicato al Sole con ara e simulacro del medesimo nel mezzo e trono da un lato.
 
 CLEONICE con seguito e FENICIO accompagnato da due cavalieri che portano su de’ bacili il manto reale, la corona e lo scettro
 
 FENICIO
 Credimi, io non t'inganno; Alceste è il vero
 successor della Siria. A lui dovute
 son quelle regie insegne.
 CLEONICE
                                                In fronte a lui
 ben ravvisai gran parte
1635dell'anima real.
 FENICIO
                                So ch'è delitto
 la cura ch'io mostrai d'un tuo nemico;
 ma un nemico sì caro,
 ma il rifiuto d'un trono
 facciano la mia scusa e 'l mio perdono.
 CLEONICE
1640Quanti portenti il fato
 in un giorno adunò! Di pace priva
 quando credo restar...
 FENICIO
                                           Demetrio arriva.
 
 SCENA XIII
 
 ALCESTE che viene incontrato da CLEONICE e da FENICIO; MITRANE e guardie
 
 ALCESTE
 La prima volta è questa
 che mi presento a te senza il timore
1645di vederti arrossir del nostro amore.
 Fra tanti beni e tanti,
 che al destino real congiunti sono,
 questo è il maggior ch'io troverò sul trono.
 CLEONICE
 Signor, cangiammo sorte. Il re tu sei,
1650la suddita son io;
 e 'l timor dal tuo sen passò nel mio.
 Va', Demetrio. Ecco il soglio
 degli avi tuoi. Con quel piacer lo rendo
 che donato l'avrei. Godilo almeno
1655più felice di me. Finché m'accolse,
 così mi fu d'ogni contento avaro
 che, sol quando lo perdo, egli mi è caro.
 MITRANE
 Anime generose!
 ALCESTE
                                  Andrò sul trono
 ma la tua man mi guidi; e quella mano
1660sia premio alla mia fé.
 CLEONICE
                                            Sì grato cenno
 il merto d'ubbidir tutto mi toglie. (Vanno vicino all’ara e si porgono la mano)
 FENICIO
 Oh qual piacer nell'alma mia s'accoglie!
 ALCESTE e CLEONICE
 
    Deh risplendi, o chiaro nume,
 fausto sempre al nostro amor.
 
 ALCESTE
 
1665   Qual son io, tu fosti amante
 di Tessaglia in riva al fiume
 e in sembiante di pastor.
 
 CLEONICE
 
    Qual son io, tu sei costante
 e conservi il bel costume
1670d'esser fido ai lauri ancor.
 
 ALCESTE e CLEONICE
 
    Deh risplendi, o chiaro nume,
 fausto sempre al nostro amor.
 
 FENICIO
 Tuoni a sinistra il ciel.
 
 SCENA XIV
 
 BARSENE e detti
 
 BARSENE
                                           Tutta in tumulto
 è Seleucia, o regina.
 ALCESTE
1675Perché?
 BARSENE
                  Sai che poc'anzi
 giunse di Creta il messaggiero e seco
 cento legni seguaci...
 CLEONICE
                                        E ben fra poco
 l'ascolterò.
 BARSENE
                       Ma l'inquieto Olinto,
 non potendo soffrir che regni Alceste,
1680col messaggio s'unì. Sparge nel volgo
 che Fenicio l'inganna,
 che sosterrà veraci i detti sui,
 e che 'l vero Demetrio è noto a lui.
 CLEONICE
 Aimè, Fenicio!
 FENICIO
                              Eh non temer. Sul trono
1685con sicurezza andate;
 si vedrà chi mentisce.
 
 SCENA ULTIMA
 
 OLINTO, portando in mano un foglio sigillato, ambasciatore cretense, seguito de’ greci, popolo e detti
 
 OLINTO
                                           Olà, fermate. (A Cleonice e ad Alceste incamminati verso il trono)
 Il ciel non soffre inganni. In questo foglio
 si scoprirà l'erede
 dell'estinto Demetrio. Esule in Creta
1690pria di morir lo scrisse. Il foglio è chiuso
 dal sigillo real. Questi lo vide (Accennando l’ambasciatore cretense)
 da Demetrio vergar; questi lo reca
 per publico comando; e porta seco
 tutte l'armi cretensi
1695del regio sangue a sostener l'onore.
 CLEONICE
 Oh dei!
 FENICIO
                  Leggasi il foglio. (Ad Olinto)
 OLINTO
 Alceste finirà cotanto orgoglio. (Olinto apre il foglio e legge)
 «Popoli della Siria, il figlio mio
 vive ignoto fra voi. Verrà quel giorno
1700che a voi si scoprirà. Se ad altro segno
 ravvisar nol poteste,
 Fenicio l'educò nel finto Alceste.
 Demetrio».
 CLEONICE
                         Io torno in vita.
 FENICIO
                                                        A questo passo (Ad Olinto)
 t'aspettava Fenicio.
 OLINTO
                                      (Io son di sasso).
 MITRANE
1705Gelò l'audace.
 OLINTO
                             In te, signor, conosco (Ad Alceste)
 il mio monarca e dell'ardir mi pento.
 ALCESTE
 Che sei figlio a Fenicio io sol rammento.
 FENICIO
 Su quel trono una volta
 lasciate ch'io vi miri, ultimo segno
1710de' voti miei.
 ALCESTE
                            Quanto possiedo è dono
 della tua fedeltà. Dal labbro mio
 tutto il mondo lo sappia.
 FENICIO
                                               E 'l mondo impari
 dalla vostra virtù come in un core
 si possano accoppiar gloria ed amore. (Alceste e Cleonice vanno sul trono)
 CORO
 
1715   Quando scende in nobil petto,
 è compagno un dolce affetto,
 non rivale alla virtù.
 
    Respirate, alme felici,
 e vi siano i numi amici
1720quanto avverso il ciel vi fu.
 
 
 LICENZA
 
 Potria d'altero fiume
 il corso trattener, Cesare invitto,
 chi nel giorno, che splende
 chiaro del nome tuo, frenar potesse
1725l'impeto del piacer che sino al trono
 fa sollevar delle tue lodi il suono.
 O non v'è cosa in terra o è questa sola
 difficile ad Augusto; e se non sei
 pietoso a quest'error, tutti siam rei.
1730Sarà muto ogni labbro,
 se vuoi così. Ma non è il labbro solo
 interprete del cor. Qual atto illustre
 di virtù sovrumana offrir potranno
 le scene imitatrici
1735che non chiami ogni sguardo
 a ravvisarne in te l'esempio espresso?
 Ah! Che il silenzio istesso,
 de' sensi altrui poco fedel custode,
 saprà spiegarsi e diverrà tua lode.
 
1740   Per te con giro eterno
 torni dal Gange fuora
 la fortunata aurora
 di così lieto dì.
 
    Ma quella che ritorna
1745dall'onda sua natia
 sempre più bella sia
 dell'altra che partì.
 
 FINE